La foto profilo perfetta – un affare da migliaia di euro

Marco è un fotografo di 28 anni, vive a milano dal 2012 e pratica la fotografia a livello agonistico. Ha iniziato i suoi studi nel dojo di Nikon-senpai, ma col tempo è diventato pratico anche di altri stili di combattimento. Ci segnala in particolar modo lo stile ISO500 del dragone controluce e lo scatto fluente che rompe la roccia con la sovraesposizione. Oggi è cintura nera di fisheye, e accarezza l’idea di aprire un dojo tutto suo. Non gli interessa particolarmente la fotografia: gli piace solo l’idea che qualcuno lo chiami senpai. Ha anche insistito perché lo presentassimo in questa maniera delirante in apertura alla nostra intervista. Quindi la prima domanda, d’obbligo, è:

Perchè?
Perché quello che faccio per vivere da qualche anno è talmente tanto ridicolo che mi sentirei avvilito a farvi parlare di tutte le qualifiche che ho, contando dove mi hanno portato. Quindi tanto vale un’introduzione gagliarda che non mi rappresenta alla stessa maniera.

Ok, adesso sarai contento, quindi parliamo di quello che il titolo stava promettendo ai lettori confusi che sono arrivati a leggere queste righe. Tu sei un fotografo specializzato nelle foto profilo di Facebook?
[sospira] sì. Anche se ci tengo a specializzare che non è che mi sia “specializzato”, mi sono ritrovato, piuttosto a fare…

Sì dai, abbiamo capito. Non sputare nel piatto dove mangi però e anzi, raccontaci come hai iniziato.
Guarda, mi ero appena iscritto alla specialistica – ho studiato design – ed ero in giro con degli amici, qui a Milano. Una ragazza a un certo punto dice a un altro che doveva cambiarsi l’immagine profilo, era tre mesi che aveva la stessa, ed era un’immagine estiva quando ormai era autunno. Una cosa anche condivisibile se vuoi, allora questo in sostanza gli dà ragione ma mi fa “non ho caricato altre foto perché non me ne hanno fatte di decenti, scattamene una tu”. E io allora, ho sempre la macchina dietro, gli ho detto “va bene” ed è venuto sto scatto particolarmente buono. Cioè, magari sembra uno scatto come tanti a prima vista, ma chi lo conosce di persona, l’espressione, il modo di fare, anche quello che beve: c’era tutto nella foto. Era una buona foto in effetti. Il tipo se la imposta come immagine profilo, pioggia di like – tipo trecento se non sbaglio – e un sacco di gente che commenta cose tipo cazzo sei proprio tu, o sta foto ti rappresenta proprio. E allora cosa ho fatto, anche se ci avevo messo il watermark gli ho scritto tipo “ringraziamo il fotografo”. Due ore dopo una sua amica mi aveva scritto in chat.

Cosa diceva il messaggio?
Diceva, testuale “ciao 🙂 ho visto che hai fatto tu la foto profilo di *****. Molto bella, complimenti! Ascolta, so che non ci conosciamo ma ti volevo chiedere se ti va di uscire una delle prossime sere, perché piacerebbe anche a me avere una foto del genere. Ovviamente saresti retribuito!” E allora sai, in realtà la prima cosa che ho pensato è…

Questa vuole…
Questa vuole scopare, sì. E invece no. Cioè, io le ho detto di sì ridendo anche tra me e me perché pensavo fosse una scusa, e una scusa veramente idiota tra l’altro, per chiedermi di uscire e che mi stesse buttando lì che mi offriva pure da bere. Voleva sul serio la foto profilo nuova. E quindi siamo usciti e ci siamo presi da bere, poi ho visto che si portava in giro sto bicchiere vuoto con ancora ghiaccio e cannuccia e le faccio perché non lo butti, e lei mi risponde di no, perché voleva una foto come quella di ***** dove lui ha il bicchiere in mano. E io giù a ridere ancora, pensando che stesse reggendo il gioco, ma quella si è fatta seria tipo che si era offesa. Cioè, poi le ho scattato sul serio sta foto ma non la convinceva. Così poi siamo andati in giro per la città, al Duomo no perché diceva che era scontato, ma tipo a Porta Genova o altri posti così, per ore. E mi ha pagato tutti i mezzi pubblici che abbiamo preso, e alla fine mi ha dato pure duecento euro per le ore di lavoro e perché avevo scattato una foto che le piaceva un sacco. Quindi va bene così in realtà, non me lo aspettavo ma alla fine le ho fatto sul serio un servizio per tutta Milano, quindi ci sta. E il giorno dopo la storia si ripete uguale: foto profilo nuova, altri quattrocento like, apprezzamenti dagli amici. Solo che sta volta mi aveva taggato direttamente, così il giorno dopo ho avuto altre due richieste. E non ho più smesso.

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Da quanto tempo va avanti ormai?
Contando l’episodio che ti ho detto, quindi la prima foto a pagamento, dal settembre 2014.

E come si è evoluta la cosa? Hai iniziato facendo foto a studenti come ce ne sono molti in giro, e oggi ricevi proposte soprattutto dagli influencer, giusto?
Sì, diciamo che gli studenti che si potevano permettere il lavoro erano disposti a spendere centinaia di euro, quindi non è la normalità dei fuori sede diciamo. Però sì, col passa parola, e qualche altra intervista come questa anche altra gente ha iniziato a contattarmi, influencer con decine di migliaia di follower su Instagram o altri social. Qui le cifre orbitano attorno alle migliaia di euro per prestazione. Ma non è la stessa cosa, lì è più simile a un servizio fotografico, e l’influencer ti dice che vuole essere spontanea come tutti, ma che poi si deve vedere la firma, il logo, l’occhiale da sole… come fa a essere spontaneo? Infatti mi piace di meno. A volte qualcuno mi dice “ascolta, vediamo la foto come va, se fa solo ottocento like ti pago un tot, se ne fa più di mille ti do il doppio”. Ma io sta gente neanche la considero.

Cosa differenzia il tuo lavoro da un servizio fotografico?
Ecco, questo può essere difficile da capire, spero di riuscire a spiegarlo come si deve. La foto di Facebook non è la foto che ti fai in un book fotografico. C’è chi lo fa: ragazze che fanno le modelle spesso fanno coincidere le due cose, ma spesso chi lo fa è chi se lo può permettere. Sei strafiga e pubblichi la foto per far vedere che sei strafiga. Vuoi far risaltare altri aspetti del tuo carattere? Chiami me che ti faccio la foto mentre fai serata, mentre scherzi con i tuoi amici, sei a vedere un concerto dal vivo, il tuo ragazzo ti abbraccia… e quello che vogliono tutti è la spontaneità. Deve essere come, per dire, se io fossi invisibile, e tracciassi una cornice attorno ai soggetti in una normalissima serata, senza che se ne accorgano. Anche per quello ogni prestazione va avanti per ore. Se devo uscire con qualcuno e fotografarlo, o ancora peggio se è col suo gruppo di amici, ci vuole del tempo perché si abituino alla mia presenza, all’idea di qualcuno che è lì a scattare foto. Non è come in discoteca, dove la gente sa che verrà fotografata e si mettono in posa, qui stai entrando nell’intimità di una serata tra amici.

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E cosa ritieni che piaccia nei tuoi scatti?
Quello che ti ho detto, la spontaneità. Quello che scompare nello scatto è proprio quello che mi porta a essere lì a fare la foto: la natura formale di una prestazione lavorativa. Chi ti aspetti che sia il fotografo? Uno degli amici lì attorno, che ha scattato mentre la sua amica rideva, mentre il suo fidanzato faceva un brindisi con lei. Questo.

Ti è capitato di trovarti in situazioni assurde?
Eh, hai voglia. Con la scusa che le immagini dovevano sembrare spontanee e immediate ho visto cose, va beh, paradossali. Ero a sta cazzo di festa in un appartamento con terrazza a Genova, e a un certo punto la tipa che mi aveva chiamato è lì distesa a ridere con un suo amico, e io le faccio una foto. Tutti che la vogliono vedere e lì a dirmi “che figata” come se avessi avuto l’idea del millennio facendo la foto a due persone sdraiate, e tutti che si mettono nella stessa posizione replicando la stessa scena. Una festa bloccata per un’ora e mezza perché trenta persone a coppie avevano deciso che volevano la stessa foto. Ho provato a dire no ragazzi, non sono qui per far foto a tutti – e poi non avevo voglia di far sta cafonata – ma poi mi hanno pagato di più, e quindi l’ho fatto. Un’altra volta sta tipa mi ha detto di andare a casa sua per far foto a un’altra “serata con amici”. Poi si è scoperto che era una pazza con dieci pappagalli. Erano quelli i suoi amici. Li teneva liberi per casa e al di là del fatto che rendere spontanea una scena del genere mentre lei parla con sti parrocchetti vuol dire far vedere che sei fuori di testa, ma questi cagavano come cosacchi e mi hanno riempito di merda l’attrezzatura e mi hanno pure morso un orecchio. Mi sono incazzato come una iena e quella volta sono andato via senza neanche farmi pagare. Uno dei pappagalli mi ha detto anche vaffanculo mentre uscivo. Ma vaffanculo te gli ho risposto, e ho sbattuto la porta.

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Dopo quattro anni, continui a lavorare molto?
Tantissimo. Ormai tutto il politecnico, lo IED e design, ho scattato quasi tutte le foto profilo io. Che uno pensa che in sti ambienti debba essere pieno di gente che sa farsi delle foto da sola, ma evidentemente non è così. Sono anche venuti fuori altri che fanno foto come me, e io dico va bene, fate pure, non ho l’esclusiva. Tanto non ho mai voluto vivere di questo, e so anche io che è una bolla che prima o poi esploderà. A me piacerebbe fare altro. Mi piacerebbe lavorare nella moda, e fare servizi di quel tipo. Non questa roba qua. Però hai ragione, non devo sputare nel piatto dove mangio.

Anche perché sei partito dicendo che è una roba ridicola e andandoci piuttosto pesante, ma mi sembra che in realtà tu sia soddisfatto di quello che fai.
Oddio, ma che discorso è, sì in realtà non mi dispiace quello che faccio. Ma è tutto il contesto. Cioè, sapere che ti sto scattando un’immagine profilo per un social network. Che il mio scatto poi andrà ritagliato a seconda che sia un’immagine profilo o copertina, che decidano di usarla per Facebook o Istagram, che l’immagine si comprimerà col caricamento… se le stesse foto me le chiedessero perché se le vogliono stampare e appendere in casa sarei più contento. Qua sai che durano qualche settimana, qualche mese, poi magari ti contattano di nuovo per chiedertene altre. Non mi lamento: ci mangio, come avete detto voi, però è un’altra cosa, una cosa un sacco effimera. Cos’è che vi avevo fatto scrivere in apertura? Scatto fluente che rompe la roccia?

Con la sovraesposizione. Possiamo scrivere un’intro decente?
[ride] Sono proprio una tesa di cazzo. No no, tenete quella, voglio quella. Ah e non scrivete il mio cognome. Se questo articolo arriva a mio padre poi quello mi prende a cinghiate. Lui pensa che io faccia foto per la cronaca nera, dice che è l’unico campo della fotografia in cui può lavorare un uomo.

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