Cos’è che rende tale un nerd?
Di sicuro la fruizione di prodotti adatti al suo ruolo, o al suo stereotipo, come da anni una quantità infinita di materiale, prodotto secondo una precisa strategia di marketing, sembra volerci ricordare. Ma deve esserci qualcos’altro. Insomma, non è plausibile che una fetta tanto rilevante della popolazione occidentale si sia scoperta nerd, o si proclami tale, solo a seguito dell’affezione a questa o quella serie TV, videogioco, serie di romanzi. Se così fosse, il fenomeno nerd sarebbe da intendersi come un prodotto esclusivo della società occidentale, e solo degli ultimi decenni. Che, per carità, potrebbe anche essere, ma io non riesco a ritenerlo tale.
Tempo fa ho letto un articolo con il quale mi sono trovato d’accordo, e nel quale l’autore poneva una linea di demarcazione tra il concetto di geek (termine con il quale ci si riferisce erroneamente a ciò che la cultura pop ritiene spesso “nerd”) e, per l’appunto, i nerd propriamente detti. Il succo dell’articolo è che i geek siano dei “semplici” appassionati di un determinato ambito o prodotto (pur sconfinando spesso nella pura ossessione), mentre i nerd in qualche modo si spingano oltre. Un geek si si limita ad appassionarsi (o ad ossessionarsi); il nerd arriva a praticare l’oggetto della sua passione, ciò non togliendo che questo comporta in molti casi anche l’ossessione propria al geek.
Che l’autore dell’articolo abbia o non abbia ragione, non è questo il luogo per discuterne. La distinzione tra nerd e geek, che spesso diventa scontro tra filthy casual e autentico appassionato, è tuttora mutevole, e spenderci troppe parole a riguardo sarebbe contropoducente.
Per quanto mi riguarda, questa distinzione mi piace, soprattutto perché l’idea di nerd come qualcuno che giunge a immergersi nella sua passione/ossessione, a praticarla, mi consente in primo luogo di produrmi in un concetto di archetipo nerd, che ora giungerò a spiegare meglio, e in secondo a svicolare la categoria da quello stereotipo di cui si parlava nelle prime righe.
Manteniamoci ancora un po’ all’interno di questo stereotipo, così da poter identificare in maniera relativamente semplice gli “ambiti nerd”.
Basta pensare ai prodotti e agli show televisivi già nominati, e nella nostra mente si proietterà l’immagine di un individuo a proprio agio tra un certo tipo di intrattenimento (giochi e videogiochi, un determinato tipo di letteratura, cinematografia, arte…) o passioni e addirittura professioni (i saperi più propriamente “scientifici” e le professioni ad esso collegate). Ma proviamo a spingerci oltre i confini temporali di questa categorizzazione.
Possiamo facilmente rintracciare, scorrendo indietro nei decenni, i predecessori delle attuali generazioni di nerd. In particolar modo, se un nerd contemporaneo si ritrovasse catapultato negli anni ’70, scoprirebbe come potrebbe dedicarsi – ed è proprio in questo periodo che inizia a strutturarsi lo stereotipo – alla lettura di fumetti, alla pratica con giochi di ruolo e videogiochi, alla lettura di romanzi fantasy e fantascientifici.
Ma facendo un salto indietro di un solo decennio, cominciamo a vedere come lo stereotipo inizi già ad incrinarsi. Fumetti e romanzi ovviamente sopravvivono, ma i giochi di ruolo e i videogiochi devono ancora assumere la forma che conosciamo e, soprattutto, imporsi sul grande pubblico.
Giungendo alla prima metà del secolo, la crisi dello stereotipo nerd sembra totale, e spingerci ancora oltre, oltrepassando l’età contemporanea per quella moderna, sembra follia, man mano che anche fumetti e letteratura fantasy spariscono dalla circolazione (sì, lo so che la seconda non è inesistente, ma vogliatemi passare l’affermazione).
È proprio in questo momento, invece, che abbiamo la possibilità di abbandonare lo stereotipo, e iniziare a considerare i nerd come null’altro che practitioners di un determinato ambito, spinti dalla loro passione (od ossessione che dir si voglia) a volervi affondare ancor più all’interno, fino a giungere, in certi casi, a dare un contributo all’ambito di specializzazione.
Si noti come non abbia fatto, fino ad ora, riferimento a un altro dato caratteristico che sembra differenziare l’ambito geek e quello nerd: ovvero la tendenza alla misantropia e al più o meno accentuato disagio sociale che si riversa più nel secondo che nel primo, e che diventa una discriminante fondamentale.
Proviamo a esemplificare questo ragionamento tramite una semplice operazione:
social awkwardness + (obsession + practitionism) = nerdness
Si pensi ora ad autori del calibro di Lovecraft, che di certo non merita una presentazione redatta dal sottoscritto.
È un nerd? Certamente, non secondo gli standard che definiscono lo stereotipo, ma ritengo che possa essere considerato una sorta di nerd ante litteram. Presentava elementi di sociopatia? Questo è chiaro a chiunque si sia avvicinato alla sua produzione o ne conosca le vicende personali. Per tutti gli altri, basti sapere che dall’essere un bambino disturbato crebbe divenendo un adulto disturbante, e asociale. Era un appassionato (per utilizzare un eufemismo) di poetica e letteratura in generale, della quale era a sua volta un practitioner (e ancora ci rifugiamo negli eufemismi). Scrisse decine di racconti che gli permisero, anche se con discontinuità, di mantenersi di che vivere, e giunse all’elaborazione di un immaginario che dopo quasi un secolo ha la colpa o il merito di trovarsi alle basi della cultura popolare geek e nerd.
Provando ad affondare ancor più nel passato, le personalità per le quali si può compiere un ragionamento simile aumenta a dismisura. Si pensi ad esempio al nostrano Giacomo Leopardi, che per incapacità relazionale e il difficile rapporto con la madre potrebbe essere audacemente paragonato a un ottocentesco Howard Wolowitz. L’esempio si potrebbe ripetere con scienziati del calibro di Keplero, o personalità eclettiche e neppure troppo vagamente disturbate come Federico II di Svevia.
Ed è a questo punto che il termine practitionism inizia ad andarci stretto. È talmente generico e vago, che potrebbe sottintendere qualunque cosa. Sono io forse in grado di fornire un’alternativa più precisa e mirata alla comprensione del problema? No, ed è per questo motivo che mi limiterò a fornire un altro termine, ugualmente vago e generico, che potrebbe però riuscire laddove il precedente mostrava i propri limiti.
Identifichiamo quindi come un insieme i termini obsession e practitionism, e consideriamo il termine “speculation”, che qui incontriamo per la prima volta, come il risultato della loro somma.
Aggiorniamo quindi la precedente operazione in questi termini:
social awkwardness + speculation = nerdness
Ritengo, probabilmente a torto, ma si tratta di un parere derivato dalla mia esperienza personale, che la speculazione sia un dato caratteristico comune a molti geek, ma soprattutto a molti nerd. Si tratta, nella mia opinione, della esplicita volontà del provar piacere a elucubrare, sviscerare, discutere l’ambito (o gli ambiti) per i quali il nerd prova passione (o ossessione), dando vita a tutti quei discorsi che piacciono tanto ai suoi simili e compagni di avventure, e vengono bollati come aria fritta dal restante sostrato sociale. Credo inoltre che la speculazione così intesa sia da ritenersi il motore primo di eventuali moti creativi che spingono il nerd a dare forma concreta alle proprie teorie.
Vero processo creativo, nella sua massima espressione, o semplici parole in libertà, nella più comune, la speculazione è in ogni caso ciò che distingue un nerd – senza essere, ovviamente, unico appannaggio di questa categoria. Che si tratti di due amici che discutono del perché l’erba su Namek sia blu, o di un Lovecraft adolescente che si interroga circa l’esistenza di divinità cosmiche, speculazione è la risposta.
E allora, a cosa serve questo mio interminabile discorso? Premessa a che cosa?
Beh, in effetti Premessa è forse un titolo errato, e avrei dovuto darne uno come In preparazione, perché questo discorso serve a spiegare cosa leggerete in queste pagine. Ovvero, se non si fosse capito, le nostre speculazioni. Senza alcuna pretesa d’eccellenza, o di merito rispetto ad altre miriadi di cagate reperibili sull’internet. Ma comunque esplicitandone la natura, che io ritengo essere profondamente nerd.
Be prepared.