COSE DA FARE QUANDO DOVRESTI STUDIARE – Happy Wheels

Torna la pluripremiata rubrica che tratta di tutte quelle che cose che facciamo quando in realtà dovremmo studiare, scritta e redatta rigorosamente in momenti della giornata che dovrei deputare allo studio.
Nel primo episodio abbiamo parlato di Robot Unicorn Attack. Oggi resteremo sempre nell’ambito dei giochi flash, ma tratteremo di un esempio molto più complesso, che ci mostra come i browser game possano divenire un inferno di creatività morbosa e malsana. Il gioco, che non ha certo bisogno di essere presentato da uno stronzo della mia risma, è Happy Wheel, cui si può accedere al seguente indirizzo:

http://www.totaljerkface.com/happy_wheels.tjf

Happy Wheels è un browser game a scorrimento orizzontale in cui si deve portare un personaggio, alla guida di un veicolo, da un punto A ad un punto B, e quindi ottenere la vittoria. Un gioco di corse, quindi. Ma molto di più. Il fatto è che in Jim Bonacci, autore del gioco, c’è del disagio mentale fortissimo. Ci fornisce “personaggi inadeguati” che, nel correre dall’inizio alla fine del livello dovranno “ignorare conseguenze gravissime”. Del tasso di inadeguatezza dei personaggi, così come di cosa intenda con conseguenze gravissime, ci si rende conto subito.

schermata happy wheels

La schermata di avvio. O meglio: una delle schermate di avvio

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Io tifo per il custode

Il video qui allegato, “3×3”, è scritto e diretto da Nuno Rocha e interpretato da Ricardo Azevedo (vigilante) e Joao Marcal (impiegato delle pulizie); si tratta di un corto portoghese presentato nel 2009, e vincitore di numerosi premi internazionali (tra gli altri, anche a Venezia).
Senza dilungarci troppo, e venendo incontro a quegli spregevoli pigroni tra di voi che non hanno voglia di cliccare play, eccovi il riassunto:

La scena si apre in una palestra vuota, presumibilmente oltre l’orario di chiusura. Ci viene mostrato un massiccio custode notturno, intento a portare a segno una serie di canestri che, anche solo per il suo cipiglio arrogante, vorremmo vedergli sbagliare. Poco dopo giunge sulla scena il secondo protagonista della vicenda, un ragazzo dinoccolato che osserva sottomesso il custode. Lasciando il ragazzo a pulire, questi effettua un ultimo punto senza nemmeno guardare il canestro; affermata la propria supremazia, se ne va. Dalla guardiola dove lavora il custode vediamo, inquadrato dalle telecamere, come il ragazzo voglia provarci anche lui, a fare un canestro. Provando e riprovando, lo manca di volta in volta, esponendosi al ludibrio del custode che se la ride della grossa. A questo punto il giovane addetto alle pulizie molla del tutto ramazze e scopettoni per concentrarsi sul canestro. Afferra una scala e misura la circonferenza del canestro; stende un metro e misura la distanza di tiro; misura la pressione e il volume interno della palla (il tutto, ricordiamolo, sotto la sguaiata attenzione del custode). Fatto questo, si siede a un banchetto e riempie un quaderno di complessi calcoli matematici, si pone a una distanza di tiro ridicolmente elevata e, con grande naturalezza, infila tre canestri impossibili.
La guardia smette di ridere. Basita (F4), si reca in palestra e, dall’alto degli spalti, fissa fascistissima, le braccia sui fianchi, il custode. Un’espressione checcazzofai dipinta sul volto. Chevuoichefaccia?, sembra rispondergli il custode, che è tornato a spazzare per terra, e lo fissa di rimando. Il custode torna nella guardiola e scopre, con sorpresa, un pacco contentente una divisa da basket. L’addetto alle pulizie fissa la telecamera con sguardo di sfida, indossando anch’egli una divisa da basket. Il custode raccoglie la sfida con un ghigno che tradisce un rinnovato rispetto nei confronti di quella figura, a cui vuole in ogni caso farla vedere.

Arrivato alla fine del video c’era però qualcosa che non mi soddisfaceva del tutto. Perché non riuscivo a empatizzare totalmente con quell’addetto alle pulizie dall’etnia confusa? Perché quel superficiale custode non mi suscitava tanta ira?

Ho scoperto il video negli ultimi giorni. Nonostante risalga al 2009, gli strani fenomeni che regolano l’internet lo hanno fatto risorgere solo di recente, approdandolo mutilato su Facebook (ne circola una versione da 3 minuti) e riportandolo con l’errato titolo di When engineers play basketball (il titolo originale è “3×3”, riferendosi alla sequenza di canestri portati a segno dall’empregado de limpeza che tutti amiamo). L’intento col quale il video è giunto su Facebook è evidente: ricordarci ancora una volta che l’aspetto non conta nel giudizio di una persona. Il fatto di aver mutilato l’originale, tagliandolo subito dopo i tre canestri, all’altezza dello sguardo esterrefatto della guardia, è indicativo dell’esasperazione di questo concetto che pure era già presente: non ce ne frega se la guardia inizierà a ricredersi e accetterà la sfida del custode, reputandolo (ora sì) alla sua altezza e smettendo di riderne, ma importa solo che il custode abbia avuto la sua rivincita. Oppure qualcuno, realisticamente, ha capito che la maggior parte degli utenti di FB avrebbe skippato un video da 5 minuti, ma in ogni caso è indicativo quale sia la porzione che si è scelto di rimuovere.

Mi risulta difficile empatizzare del tutto con l’addetto alle pulizie. Sì è vero, la vittoria morale è sua. Sì è vero, la guardia è costretta a ricredersi. Ma posto che l’intento del corto (insegnarci che non si giudica dalle apparenze) è stato raggiunto brillantemente, possiamo dire che il custode “abbia vinto”, nel confronto tra le due figure?
Non sappiamo come si concluderà la sfida, perché dobbiamo basarci sulla vicenda così come la vediamo dipanarsi entro i confini temporali del video. Però, in proprio base a quello che vediamo, possiamo affermare che l’addetto alle pulizie difetta di un’altra cosa che la guardia invece possiede: una certa capacità di adattamento.

Il custode gioca a basket molto bene. O meglio, non sappiamo che razza di giocatore sia, sappiamo che riesce a infilare il canestro con grande scioltezza, addirittura (min 0:43) guardando da un’altra parte. L’addetto alle pulizie gioca a basket da schifo. O meglio, anche in questo caso non sappiamo che giocatore sia (anche se palleggia discretamente), ma all’inizio del video è un cestista men che mediocre. E la guardia se la ride.
L’addetto alle pulizie ha però delle solide basi di fisica, moto angolare… che il custode non possiede. Conoscere la natura delle forze in gioco e in suo possesso gli permette di compiere con sicurezza ciò che la guardia, evidentemente, non può fare. Il custode non ne sa un beneamato di fisica, moti angolari, traiettorie. Si basa sulla sua personale esperienza e una certa dose di creatività nell’adattarla alle circostanze che gli si pongono di fronte, e per questo se la cava piuttosto bene.
Per dirla nei termini che utilizzerebbe Tim Ingold (Ingold, 2001), il custode è in possesso di un modello semplificato che gli permette di bypassare una mole di informazioni enorme per compiere un gesto tutto sommato semplice come lo è il lancio di una palla verso il canestro. Anche il ragazzo è in possesso di modelli semplificati, così come ogni altra persona: sappiamo rompere delle uova, sbatterle e cucinarle in modo da ottenere una frittata, e capire se quella frittata è troppo cotta o cruda, eppure quasi nessuno di noi possiede in contemporanea le conoscenze di dinamica dei fluidi, o termodinamica, che sarebbero necessarie se volessimo programmare una macchina perché lo facesse al posto nostro.

Questo tipo di versatilità è per l’appunto ciò che differenzia l’uomo da una macchina. L’uomo può imparare a tirare a canestro, mentre una macchina deve essere programmata per farlo. Il ragazzo, nel corso del video, ottiene il successo applicando la sequela di formule fisiche che gli consentono di poter tirare tre canestri consecutivi, ma in circostanze ideali da lui predisposte (la distanza dal canestro, il volume dei palloni…). Si tratta di qualcosa di straordinario, che spiazza il custode, ma non possiamo dire che il ragazzo abbia imparato a giocare a basket, o anche solo a tirare. Possiamo affermare senza troppi dubbi che, nella sfida che gli ha lanciato, il ragazzo si ritroverà il culo asfaltato dal custode, e questo perché la mole di informazioni che il custode sta bypassando nel giocare è infinitamente superiore di quella che l’addetto alle pulizie crede di avere ben chiare in testa, e che alla fine lo fuorvieranno.

Il video funziona finché crediamo che quella dimostrata dal ragazzo sia intelligenza, ma nella maniera così poco versatile in cui ci viene presentata, minghié, non la reputo tale. Il ragazzo non riuscirà ad adattarsi alle circostanze, se ha bisogno di applicare in modo tanto rigido uno schema mentale. E per questo, io tifo per il custode.
Sì, va bene, tutti mi direte che non era questo il punto del video, e sono d’accordo. Però resta il fatto che il personaggio del custode evolve dall’inizio alla fine del video. Parte guardando con sufficienza il ragazzo; finisce per capire che non avrebbe dovuto sottovalutarlo, e alla fine accetta la sua sfida. Questo non ne fa un modello di positività, ma mi permette di apprezzarlo più del ragazzo che, dall’inizio alla fine del video, è sulla giusta strada per diventare un minchietta arrogante come lo era il custode che lo disprezzava. Io volevo vedere come continuava il video: come finiva la sfida? Se il custode avesse asfaltato il culo al ragazzo, la sua opinione nei suoi confronti sarebbe cambiata ancora o avrebbe continuato ad avere rispetto? Se avesse vinto il ragazzo, sarebbe diventato un bastardello arrogante, o avrebbe rispettato il custode? I due sarebbero diventati amici? Avremmo scoperto che sono parenti, magari un padre-figlio adottivo separati da un rapporto di disappunto reciproco?
Troppe informazioni sono lasciate in sospeso, troppe circostanze sono imprevedibili, e proprio per questo lascerò che la mia mente le elimini per non esserne schiacciato. Ooooh, che sollievo. Questa è l’utilità di un modello semplificato. Per questo tifo per il custode.

custode shittyman

Anche se continua a restare un uomo di merda