LE FRUSTRAZIONI DELLA TECNOLOGIA. Esempi pratici di bestemmie quotidiane

 

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Quanto ci piace la tecnologia. Ah, che bella che è. A tutti è capitato, davanti a un caffè che si trascina da più di mezzora, di sentirsi rivolgere l’entusiastica domanda : “Hai visto le cose che può fare il nuovo iPhone 450rjebcjkf?” “Cioè, zio, i Gear VR spaccano. Hai visto che roba?”. Ecco, la risposta è NO. Non lo so cosa fanno, e lo sai perché? Perché in realtà, la maggior parte di noi, vive sempre una generazione tecnologica indietro (almeno credo. Non sono l’unica vero? VERO?).

Chi è retro-tecnologo ha sempre la sensazione di essere un po’ ritardato. Come a scuola, quando arrivavi in classe ed eri l’unico che non aveva capito che quel giorno c’era il compito di matematica.
Noi retro-tecnologi viviamo nella condanna delle marche scadenti a prestazioni limitate.
A tutti i retro-tecnologi sarà capitato almeno una volta una situazione simile a quelle sotto elencate. Invece, per i POCHI (ammettetelo) veramente al passo coi tempi, eccovi una breve lista delle frustrazioni quotidiane a cui un retro-tecnologo va incontro. Sviluppate un po’ di empatia per noi lenti, anche se vi facciamo un po’ schifo: Continua a leggere

Le personalità nascoste dei font di Word

Ciò che i film della Pixar ci hanno insegnato è che ogni cosa nel nostro mondo potrebbe avere dei sentimenti: i nostri giocattoli, i nostri videogiochi, i mostri, i robot, le automobili, e anche i nostri sentimenti potrebbero avere sentimenti. Per quanto i film della Pixar ne costituiscano l’esempio per eccellenza, questo trend è stato raccolto da altri prodotti d’animazione, come il Sausage Party di Seth Rogen (2016) e l’imminente film delle Emoticons.
In questo mondo emotivo, troppo tempo libero per pensare ci ha portato a formulare una domanda del tutto superflua: e se anche i font di word avessero una propria personalità e delle emozioni? Se accade per delle Emoticons, chi sono loro? Gli ultimi degli stronzi? Continua a leggere

Se gli studenti universitari fossero sorteggiati come ad Hogwarts – una superflua teoria distopica

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Cosa succederebbe se gli studenti venissero smistati dal cappello parlante dopo il liceo, decidendo in questo modo il loro percorso universitario? Questa è la domanda, tanto semplice quanto superflua, che ci siamo posti oggi. Dopo aver esplorato gli angoli più scabrosi del mondo magico e averne distrutto il fascino, per ben due volte, seguiteci in quest’altra superflua rilettura del mondo di Harry Potter.

Non avendo voglia di pensare a tutte le decine, se non centinaia, di alternative possibili, suddividere le facoltà italiane in quattro macro gruppi, che i più acuti tra i nostri lettori avranno già capito identificarsi con le casate di Hogwarts: Grifondoro, Tassorosso, Serpeverde, Corvonero.
Per sapere se all’immatricolazione avete sbagliato tutto, e quale sarebbe stata la vostra facoltà del cuore, correte a sottoporvi allo smistamento su Pottermore (sempre se non lo avete già fatto), e confrontate la vostra casata con i profili che vi forniamo qui sotto. Continua a leggere

Guida pratica alla dimensione dei peni in relazione ai loro soprannomi

L’etnolinguistica è una disciplina spesso sottovalutata. Combinando elementi di linguistica ed antropologia, i testi di questa materia sembrerebbero buoni solo per mettere in pari vecchi mobili, e in effetti è ciò a cui servivano, fino ad oggi. Per l’articolo di oggi vi chiediamo di seguirci lungo l’esposizione di teorie antiche ed affascinanti, di cui vi parliamo senza un apparente motivo. Voi fidatevi, che noi facciamo il resto in questo speciale di San Valentino del Posto delle Fregole!

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– In questo raro scatto del 1859, Alfred Wallace e Charles Darwin accompagnano due parameci nel loro percorso verso la pluricellularità.

Alfred Wallace (1823 – 1913) è un naturalista inglese meglio noto per essere il Ringo Starr dell’evoluzionismo: pubblicò per primo la teoria dell’evoluzione per selezione naturale, ma Darwin gli disse di averla formulata già anni prima ma non averla voluta pubblicare, lui chiese scusa e si fece molto umilmente da parte. Tra le altre cose per cui non lo ricordiamo, vi sono gli studi di linguistica che condusse. I dati che raccolse gli permisero di notare come le vocali anteriori chiuse e semichiuse (i, e) riducono lo spazio necessario alla pronuncia, mentre quelle aperte (a) e quelle posteriori (o, u) lo aumentano. In aggiunta a questo, notò come la pronuncia dei nomi degli animali e degli oggetti, nelle diverse lingue, sembra richiamare inconsciamente la forma degli stessi animali. Così animali rapidi e piccini come i pipistrelli hanno nomi, beh, come pipistrello (con gran profusione di ed e). Se dobbiamo ad Alfred Wallace questa rivoluzionaria scoperta riguardo gli animali piccini, ci vorrà ancora un secolo perché un antropologo americano, Brent Berlin (1936 -) abbia la stessa intuizione per gli animali più grossi, i cui nomi contengono più frequentemente vocali come a, o ,u. Ed è a questo punto che entra in gioco:
l’esperimento di Kohler. Condotto nel 1929 da Wolfgang Kohler, ha richiesto a numerose persone a diverse latitudini geografiche di associare i nomi Takete Maluma a due forme grafiche che venivano mostrate identiche di volta in volta. La prima forma era tracciata da linee spezzate, la seconda da ampie linee curve. Kohler osservò come la maggioranza dei soggetti, esponenti di lingue e culture differenti, associassero il primo termine alla figura spezzata; il secondo a quella più morbida.

 

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– Gli originali Maluma e Takete di Kohler. Questa è l’unica immagine finora caricata nel nostro blog a sembrare una stronzata pur non essendola.

I risultati di questi intelligenti esperimenti di linguistica fanno sì che i linguisti del secolo scorso abbiano raggiunto un punto d’accordo: inconsciamente siamo portati ad associare certi nomi a certe cose, e più queste sono grosse, più ci buttiamo; più piccole sono più ci infiliamo. E via dicendo, insomma.

E quindi ci siamo chiesti: ma non è forse vero che i maschietti amano dare dei nomi ai propri membri? Se è così allora, la forma del membro sarà rispecchiata dal nome ad esso associato. Con orgoglio vi presentiamo i risultati di questa indagine statistica casuale, nella quale abbiamo chiesto agli amici nostri come si chiamavano i loro cazzi, e se potessero disegnarci una loro elaborazione grafica per vedere se corrispondeva all’intrinseca forma richiamata dai nomi. Continua a leggere