L’agghiacciante spaccato sociale della Settimana Enigmistica

Poche cose sono una certezza nella nostra vita, e la Settimana Enigmistica è una di quelle. A cadenza settimanale, con i suoi cruciverba e le sue barzellette stantie, solo Topolino può dire di essersi creato una base d’utenza più affezionata in edicola, e di avere avuto una funzione pedagogica più importante. Però c’è una differenza sostanziale tra Topolino e la Settimana, ed è il fatto che il primo ci consegna solo apparentemente un prodotto sempre diverso ma uguale a sé stesso: Topolino mantiene una formula di base che si rinnova di continuo. Anche a me dieci anni fa faceva orrore leggere una storia dove i nipoti di Paperino si aprivano un blog e skypavano con Sasuke l’amico del Giappone, ma la verità è che potevo anche andarmene a fare in culo: Topolino riesce a sopravvivere di decennio in decennio rinnovandosi di continuo, ma riuscendo a non alienarsi.
Ma non siamo qui per parlare di Topolino, non oggi. Oggi siamo qui per parlare di Settimana Enigmistica. Non voglio parlare dei rompicapi contenuti, o del formato di 46 pagine, o dei Quesiti della Susi, no. Quelle sono certezze che se venissero a mancare mi scuoterebbero nelle fondamenta. Voglio parlare delle barzellette stantie.
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