Geek Themes #4 – True Survivor

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Era il 2013 quando su Kickstarter è comparso il trailer di un film ambientato in una Miami distopica, il collage di un immaginario anni ’80 fatto di luci al neon, jeans strappati e arti marziali, che chiedeva il raggiungimento di un tetto di 200.000 dollari per la realizzazione di un mediometraggio di 30 minuti. Il film è scritto, prodotto, diretto e interpretato dalla stessa persona: lo svedese David Sandberg, che si assume un numero di responsabilità che fino a quel momento si erano sobbarcati contemporaneamente forse solo Charlie Chaplin e Tommy Wiseau.
La trama del film, contorta e delirante, ha contribuito a rendere questo progetto senza pretese un must del delirio contemporaneo: Adolf Hitler, autoproclamatosi Kung Fuhrer, all’apice del suo potere riesce a squarciare il tessuto spazio-temporale viaggiando fino al presente (il 1985) per uccidere Kung Fury, protagonista del film e massimo esperto di Kung Fu. Morto lui, nessuno potrà frapporsi tra lui e la conquista del mondo. Per venire a capo della questione, a Kung Fury non resta che contattare Hackerman, mago della tecnologia che con l’ausilio di un powerglove programma una macchina del tempo per spedirlo nel passato.

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il Kung Fuhrer

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Hackerman

 

 

 

 

 

Se l’idea è quella di viaggiare nella Germania nazista, prima che Hitler raduni il potere necessario a viaggiare nel tempo, Hackerman compie un errore, spedendo Kung Fury in un’epoca mitologica nella quale uomini, dinosauri e divinità norrene convivono pacificamente (?) nella stessa linea temporale.
Riuscirà Kung Fury a ritornare nel suo tempo? Riuscirà a sconfiggere Hitler? Riuscirà, in parole povere, a porsi come unico argine tra la speranza e il male? Continua a leggere

Seven Sisters – un film di cui non c’era bisogno, che conduce a un articolo di cui non c’era bisogno

ATTENZIONE BAMBINI, NON VI PREOCUPATE PERCHé L’ARTICOLO è SPOILER FREE SE VORRETE VEDERVI IL FILM E NOI SIAMO DEI POVERI IMBECILLI CHE NON HANNO ANCORA IMPARATO A FARE LE LETTERE ACCENTATE MAIUSCOLE

Seven Sisters è un film inglese del 2017, disponibile già a partire da quest’estate per la visione su Netflix. Il film si inserisce all’interno di un filone che ultimamente va parecchio di moda, ovvero quello del futuro distopico in cui succede qualcosa di bruttissimo e l’umanità è costretta ad applicare delle leggi, o sottostare a dei modelli economici completamente privi di senso. Il fatto che lo spettatore trovi lo scenario che il film presenta tanto assurdo dovrebbe in realtà essere un occhiolino nei suoi confronti:

“ah sì trovi tutto ciò privo di senso ma non il fatto che cioè I SOCIAL NETWORK RACCOLGONO I TUOI DATI ci stanno programmando zio e non ce ne stiamo nemmeno accorgendo quindi ok ridi pure di questo film ma quando avrai finito di ridere e il tuo frivolo momento di effimera gioia avrà termine comincia pure a chiederti ‘dove finisce il confine tra lo schermo e la mia vita dove finisce il palco e dove inizio io non sono forse l’attore di una commedia brutta scritta da qualcun altro?’ e quando non saprai risponderti sappi solo che pagare otto euro per vedere sto film ti sarà servito ad aprire gli occhi”

e invece no. Pagare otto euro per vedere questo film serve solo a farti riflettere su quanto eri annoiato prima di entrare al cinema, perché hai appena visto un film che qualche stronzo può vedere gratis su Netflix da mesi, e la cui trama è la seguente:

Il pianeta è sovrappopolato -> gli scienziati creano degli OGM ipernutrienti per avere meno superficie coltivata in cambio dello stesso apporto calorico -> gli OGM aumentano la fertilità umana -> l’umanità inizia ad essere partorita in cucciolate multigemellari -> “L’Europa” applica una politica del figlio unico, surgelando secondogeniti e i gemelli nati per secondi, in vista di un futuro migliore in cui poterli scongelare e mantenere.
Le protagoniste sono sette sorelle gemelle (tutte interpretate da Noomi Rapace), la cui madre è (comprensibilmente) morta di parto. Il padre di lei, loro nonno (Willem Dafoe), decide che non vuole surgelarne sei, e le nasconde in casa. Sono registrate agli enti governativi col nome di Karen Terrance, riprendendo il cognome della loro defunta madre, ma ciascuna di loro in realtà ha il nome di un giorno della settimana, l’unico in cui sono autorizzate a uscire di casa. Le sette gemelle vengono quindi educate a uscire di casa solo una alla volta, fingendo sempre di essere Karen: alla fine della giornata si terranno delle riunioni nel corso delle quali chi è uscita dovrà raccontare alle altre tutto quello che le è successo, dalle persone con cui ha parlato, a quanto è accaduto in ufficio.
Un brutto giorno, Lunedì scompare al termine di un’importante giornata lavorativa. Cosa le è successo? Spetterà alle restanti sei scoprirlo (e non a caso il titolo del film così come distribuito nel mercato anglosassone è “What Happened to Monday”).

Tralasceremo gli evidenti buchi di trama che inevitabilmente si spalancano nella sceneggiatura di un film tanto contorto, perché non siamo qui per parlare di questo, ma di eventuali universi paralleli nei quali gli sceneggiatori hanno deciso di ridurre o aumentare il numero delle sorelle. Se la prima cosa cui ha pensato nonno-Dafoe vedendole nei lettini della nursery è stato chiamarle coi nomi dei giorni della settimana, come le avrebbe chiamate in questi universi alternativi? Siamo qui per risolvere a questa ennesima domanda in quello che è forse l’articolo più inutile che abbiamo scritto.

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le sette sorelle originali. Da sinistra a destra: Lunedì, Martedì, Mercoledì, Giovedì, Venerdì, Sabato e Domenica

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L’agghiacciante spaccato sociale della Settimana Enigmistica

Poche cose sono una certezza nella nostra vita, e la Settimana Enigmistica è una di quelle. A cadenza settimanale, con i suoi cruciverba e le sue barzellette stantie, solo Topolino può dire di essersi creato una base d’utenza più affezionata in edicola, e di avere avuto una funzione pedagogica più importante. Però c’è una differenza sostanziale tra Topolino e la Settimana, ed è il fatto che il primo ci consegna solo apparentemente un prodotto sempre diverso ma uguale a sé stesso: Topolino mantiene una formula di base che si rinnova di continuo. Anche a me dieci anni fa faceva orrore leggere una storia dove i nipoti di Paperino si aprivano un blog e skypavano con Sasuke l’amico del Giappone, ma la verità è che potevo anche andarmene a fare in culo: Topolino riesce a sopravvivere di decennio in decennio rinnovandosi di continuo, ma riuscendo a non alienarsi.
Ma non siamo qui per parlare di Topolino, non oggi. Oggi siamo qui per parlare di Settimana Enigmistica. Non voglio parlare dei rompicapi contenuti, o del formato di 46 pagine, o dei Quesiti della Susi, no. Quelle sono certezze che se venissero a mancare mi scuoterebbero nelle fondamenta. Voglio parlare delle barzellette stantie.
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Domande scomode a un millennial che si è sopravvissuto, da parte dei suoi nipotini

Oh, ragazzi, che secolo il nostro in cui essere vivi. Se sopravviviamo a Trump, all’Isis, alla Zika, ai tumori, ne avremo di cose da raccontare attorno al fuoco, quando gli agi della nostra antica civiltà saranno ormai un lontano ricordo; il regalo più prezioso che potremo fare ai nostri nipoti sarà un’antica monetina di zinco raffigurante la sgretolata testimonianza di una civiltà antica e passata: la Mole Antonelliana. Quell’antico reperto di centesimo, i nostri nipoti potranno farlo rotolare tra le crepe di un asfalto che credevamo immortale, eterna testimonianza della fine di un ideale.
Ma basta parlare di cose allegre, in un irreale clima da positivismo tecnologico. Cosa ci chiederanno i nostri nipotini attorno a quel fuoco che spereremo non si spenga, unica difesa dai carlini mutanti che si celano nelle tenebre, pronti a lambirci le carni dopo averci lubrificati con la loro saliva, certi che il loro asmatico incedere non susciterà più risa ma grida di terrore?

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Dal 2061 il carlino domestico è noto come piranha di terra

Beh, i nostri nipoti – come tutti i nipoti – vorranno sapere dei bei tempi che furono: i tempi prebellici delle bibite gassate in lattina e delle maratone di seghe su Pornhub (o su Youporn, se i vostri standard erano così bassi); degli apparecchi telefonici e della gente che moriva persino per cause naturali. Solo allora, ci rivolgeranno domande che, al giorno d’oggi certamente ci lascerebbero perplessi, ma in futuro saranno espressione di curiosità. Esattamente come facciamo noi, quando chiediamo ai nostri anziani parenti com’era la vita prima della TV. Continua a leggere

COSE DA FARE QUANDO DOVRESTI STUDIARE – Robot Unicorn Attack

In questo momento dovrei studiare ma proprio non ne ho voglia, e quante volte mi è successo e succederà in futuro, ed è successo e succederà in futuro a tutti voi. Così, visto che ho un po’ di tempo da perdere prima che i sensi di colpa tornino ad attanagliarmi costringendomi ad ore di veglia notturna in cui la certezza di avere buttato la mia esistenza non mi farà dormire, ho deciso di dare una mano a chi è nella mia condizione.
Come? Beh, è presto detto, creando un porto franco a cui chiunque ha voglia di studiare potrà approdare in cerca di un po’ di sano LVDVS.

La puntata di oggi, che è anche la prima, tratta di un classicone che, se non l’avete mai provato, provatelo. Robot Unicorn Attack è probabilmente uno dei browser games più famosi dell’universo, ma fa sempre bene condividerlo. Per i pochi ignoranti che davvero non lo conoscessero, il concept del gioco è molto semplice: controllate un unicorno robotico che rilascia una scia di arcobaleni, e vi dovete far strada in un mondo pieno di insidie pronte ad ammazzarvi. Il perché del viaggio, o cosa vi trovere alla fine, ammesso che il viaggio abbia mai fine, non ci è dato saperlo. Il gioco è quindi a conti fatti una perfetta metafora della vita. Con più fiamme e arcobaleni, però.
Ricordatevi di settare l’audio al minimo se siete in un luogo pubblico. Allego qui sotto un’immagine esplicativa e il link giuocabile, non necessariamente in quest’ordine. Have fun, ma poi ricordatevi di studiare!

http://games.adultswim.com/robot-unicorn-attack-twitchy-online-game.html

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quanta fierezza in un solo gioco

UNA PREGHIERA AL SILICIO

La fede risiede lì dove sta la necessità.
Ovvero nel principale semiconduttore di tutta l’industria elettronica.

UNA PREGHIERA AL SILICIO

Mi ricordo quand’ero bambino
Infilar pile grandi come trattori
In giocattoli dai mille colori
Dai cinesi per noi fabbricati

Tu petrolio coi tuoi derivati
Mi hai deliziato per ore intere:
Per mille mattine, per mille sere
Al tuo altare mi sono inchinato.

Ma poi il mio squadrone datato
Di soldatini e di macchine a molla
Fece largo (oh, povera folla!)
A un dio in incognito apparso.

Di chip e di cavi cosparso,
Un araldo del millennio venturo
Seppe sedurre, sicuro,
Un’età di ingenue pandore.

E allora ditemi in queste ore
Se dell’eroe non merito il nome,
Io che, non so ancora come,
Mi sono immerso nel buio assoluto

reboot

Reboot

E fino ad ora son sopravvissuto
Varcando quella spaziosa corte
Che con pianti e con grida distorte
Il telefono in un secondo zittiva

In cambio della promessa lasciva
Di sogni a cinquantasei cappa,
Artefici della nuova mappa
Di una terra ancor troppo oscura.

E mentre il corpo cresce e matura
So già di non potermi rialzare
Dai bordi di un nuovo altare
Che mi fiacca con nuove trovate,

Con meraviglie appena ideate,
Con aggiornamenti da installare,
Con nuovi gadget da acquistare
Per soddisfar l’appetito vorace.

E la notte, tutto, ormai tace.
In milioni a violar la tastiera
Digitano una silenziosa preghiera
Fissando l’unica luce negli occhi

Il ticchettare dei veloci tocchi
È l’unico suono, un’eco lontana
Dei cuori della razza umana
Che in sincronia battono ancora.

Silicio, se ti piace e ti onora
Dammi istanti che siano degni
Di recare con loro i segni
Di una condivisione globale

Traimi dal regno animale,
Dai confini materiali del corpo
Proiettami senza uno sforzo
Dovunque decida di andare

tables of commandment

Table of commandment

Qualunque cosa io voglia guardare,
O bisogno che divenga pulsione
Possa trovare soddisfazione
Alla luce dei led, in eterno.

Poiché la solitudine è inferno
Allontana l’angoscia mortale,
Quel terrore che di notte m’assale
Restando solo coi miei pensieri

Il riposo, stanotte come ieri
Sia insomma veloce a calare
Un semplice imput da programmare
Senza fissare il soffitto per ore.

E infine, un trapasso indolore
Proprio qui, davanti allo schermo
Dove comunque e in eterno
Avrei continuato a pregare.

Sulla retina voglio fissare
Mentre il cuore sussulta e si ferma
L’immagine immobile, eterna
Della mia morte in condivisione

Sparata senza un’esitazione
Ad amici, sconosciuti, parenti
Dimenticata nel mare di eventi
Di reti e connessioni in tempesta.

E se la morte si manifesta,
Le dita si staccano dalla tastiera,
Io ripenso a una lontana era
Di pile grandi come trattori,

Di giocattoli dai mille colori
Dai cinesi per noi fabbricati;
La mente implode al peso dei dati
Ma mi ricordo quand’ero bambino.

knowledge

The price of knowledge

UNA GEOPOLITICA DA PALINSESTO

Nonostante la percezione che i media tradizionali hanno delle comunità digitali sia a dir poco imbarazzante, da qualche anno stiamo assistendo ai prodromi di quello che nel futuro più prossimo promette di trasformarsi in uno scontro su più fronti, ma che per ora sembra limitarsi allo scenario televisivo.
Si tratta di una strategia messa in atto in primo luogo da reti che, per evitare ripercussioni legali ai danni del nostro blog che nessuno legge, chiameremo Canali Quattrocinquessei.

I Canali Quattrocinquessei hanno notato la presenza sul webb di figure che sembrano essere molto apprezzate del pubblico giovane ma non troppo, ovvero quello collocato tra gli scompensi ormonali dell’adolescenza e la disoccupazione post-laurea. Dal momento che si tratta della fascia d’età che più raramente si siede di fronte alla tivvù, optando per altre piattaforme di intrattenimento, non stupisce il tentativo dei canali Quattrocinquessei di calamitarne i culi sul divano.
Già c’erano stati dei tentativi in passato: individuando nella masturbazione la principale valvola di sfogo e intrattenimento a costo zero optata da questo pubblico, i canali numero cinque (mature), ma soprattutto sei (teen), hanno moltiplicato la quantità di derma (tette) esposto in fascia protetta. Non è servito a molto, anche perché la metà femminile continuava a restare disinteressata, e quella maschile si trovava in imbarazzo a stantuffarsi sul divano davanti a tutta la famiglia. È dunque logico capire come, di fronte a cifre inequivocabili come le visualizzazioni di Youtube e i like di Facebook, i canali numero cinque e sei, ancora una volta, siano tornati alla carica. Continua a leggere

Le effettive conseguenze di Game of Thrones sulla nostra società

Si sa che le mode sono passeggere, e per quanto un prodotto possa godere di una fama imperitura in questo pazzo, pazzo decennio, tutto è alla fine destinato a cadere nell’oblio: Valar Morghulis, insomma, e chiedetelo pure a Cindy Lauper, se non ci credete.

Possibile dunque che anche Game of Thrones o, per meglio dire, le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco possano subire la stessa sorte e venire un giorno dimenticate? Sono forse pazzo ad affermare ciò? Sono forse privo di cognizione di causa? Ma soprattutto, quanto ci metterà Ciccio Martin a farsi sputtanare la Saga dalla Serie, ed è lecito credere che la felicità del suo editore sia inversamente proporzionale a quella del suo cardiologo?
Per queste ed altre risposte, dovremo purtroppo aspettare di sintonizzarci sul prossimo pazzo, pazzo decennio. Per quanto riguarda invece le ripercussioni più pesanti che GoT avrà a prescindere sulla nostra società, c’è questo bellissimo articolo. Continua a leggere

Kevin Costner – l’ascesa del male

Nella precedente puntata abbiamo introdotto la figura di Kevin Costner, naufrago sopravvissuto alle letali insidie del mare. Questa settimana, come annunciato, cercheremo di capire in che modo Kevin, attore che abbiamo imparato ad amare, sia potuto diventare Kostner, oligarca che dobbiamo temere.
Il nostro mezzo d’informazione primario continua a restare quello pubblicitario, che come nel caso di Banderas costituisce un fondamentale strumento di propaganda e controllo sociale.


– Kevin è naufragato in una cittadina costiera, composta per lo più da nuclei di pescatori. Gli elementi maschili della comunità passano la loro vita in mare aperto, ogni giorno, in ogni stagione. È chiaro come un simile tenore di vita sia più tanto più duro, ancor prima che per gli uomini, per le loro donne, che passano le giornate a casa da sole nell’angoscia di non veder più tornare i mariti. O nell’angoscia di vederli tornare (le asprezze di una vita in mare aperto rendono i pescatori degli individui grotteschi e sbozzati, tanto nel fisico che nelle maniere).
– Risvegliatosi dal naufragio, Kevin ha vissuto il più grande sogno, o incubo, di ogni uomo. Il ritrovarsi in una città popolata di milf assatanate che hanno abusato del suo fisico. Sopravvissuto a questa agghiacciante esperienza, e con il supporto dell’intera popolazione di donne fertili, si è facilmente imposto come leader anche alla metà maschile della cittadina.
– Divenuto il maschio alfa della comunità, ha iniziato a sfruttare le risorse economiche in suo possesso. Prendendo alloggio nel faro edificato sul litorale, ha imposto alla cittadina di commerciare l’unica risorsa proveniente dal mare: il tonno. Il vero colpo di genio di questo individuo è però stata la messa in vendita di particolari razioni di tonno complete di verdure, acquistate dalle comunità agricole dell’entroterra, provvedendo così a un pasto completo ed economico per molte famiglie, sbandierando l’abbondanza di risorse in suo possesso.

abbondanza di risorse

la cornucopia di Kevin

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